Io faccio così #63 – Francesco Gesualdi: dal consumo critico al "lavorare meno, lavorare tutti"
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Foggia, Puglia - Come mai un mondo così ricco produce tanta povertà? È da questa domanda che ha preso il via l’attività di Francesco Gesualdi e del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, finalizzata ad individuare e indicare le azioni concrete che ognuno di noi può mettere in atto per contrastare i meccanismi che generano ingiustizia e promuovere quindi, partendo dai nostri stili di vita, un cambiamento reale.
Allievo di Don Milani, l’attivista e saggista Francesco Gesualdi ha pubblicato vari libri riguardanti il potere delle multinazionali, la crisi dell’occupazione, il debito del cosiddetto ‘Terzo Mondo’ e l’impoverimento a livello globale, la negazione dei diritti umani e la distruzione dell’ecosistema. Ha anche coordinato numerose campagne di pressione nei confronti del potere politico e di multinazionali.
Dopo varie esperienze all’estero e soprattutto in Bangladesh, Francesco Gesualdi si è trasferito a Vecchiano, in provincia di Pisa, dove nel 1985 ha fondato il Centro Nuovo Modello di Sviluppo. La sede del Centro è una casa in cui Francesco Gesualdi e altre tre famiglie conducono un’esperienza di vita semi-comunitaria e offrono solidarietà concreta in situazioni di difficoltà.
L’attività del Centro è finalizzata a elaborare e diffondere strategie per una distribuzione più equa della ricchezza, per il consumo critico, la liberazione dall’economica del debito e, più in generale, per il raggiungimento di un modello socio-economico sostenibile.
“Noi – racconta Francesco Gesualdi – volevamo capire soprattutto i meccanismi, per cambiare il modello di società. Ci siamo resi conto che se avessimo lavorato sulle cause dell’impoverimento del sud del mondo avremmo lavorato anche sull’ingiustizia che caratterizza il nostro Paese. Via via che approfondivamo gli studi abbiamo compreso che la povertà era funzionale a questo sistema. Ci siamo quindi chiesti ‘cosa possiamo fare? Come possiamo cambiare le cose?’.
Capimmo quindi che la chiave risiedeva proprio nei nostri consumi quotidiani. Le responsabilità delle ingiustizie e dello sfruttamento del sud del mondo, infatti, ricadono in gran parte sulle spalle delle imprese. Nel 1990 pubblicammo quindi il primo testo che affrontava questi temi: Lettera ad un consumatore del nord. Mancava ancora un tassello, però, che sviluppammo negli anni seguenti: quello del consumo critico che ci induceva ad orientarci ed orientare verso la scelta di prodotti equo solidali, pur sapendo che avremmo dovuto confrontarci col boicottaggio delle imprese che non seguivano determinati criteri”.
“Il coinvolgimento di ognuno di noi con la macchina economica mondiale – continua Francesco Gesualdi – passa, innanzitutto, per i nostri consumi quotidiani”. Capire l’importanza strategica del consumo è stata la scintilla che ha acceso tutto il ragionamento attorno agli stili di vita.
“Ad un tratto – si legge sul sito del Centro – è apparso chiaro che la politica non si fa solo nella cabina elettorale o nelle manifestazioni di piazza. La politica si fa ogni momento della vita: al supermercato, in banca, sul posto di lavoro, all’edicola, in cucina, nel tempo libero, quando ci si sposa. Scegliendo cosa leggere, come, cosa e quanto consumare, da chi comprare, come viaggiare, a chi affidare i nostri risparmi, rafforziamo un modello economico sostenibile o di saccheggio, sosteniamo imprese responsabili o vampiresche, contribuiamo a costruire la democrazia o a demolirla, sosteniamo un’economia solidale e dei diritti o un’economia animalesca di sopraffazione reciproca.
In effetti la società è il risultato di regole e di comportamenti e se tutti ci comportassimo in maniera consapevole, responsabile, equa, solidale, sobria, non solo daremmo un altro volto al nostro mondo, ma obbligheremmo il sistema a cambiare anche le sue regole perché nessun potere riesce a sopravvivere di fronte ad una massa che pensa e che fa trionfare la coerenza sopra la codardia, il quieto vivere , le piccole avidità del momento”. Proprio per questo l’attività del Centro si concretizza nella stesura di guide per informare i consumatori sul comportamento delle imprese, nell’organizzazione di campagne, in suggerimenti sugli stili di vita. Portando avanti le loro analisi, Gesualdi e gli altri si sono resi conto che per creare un mondo sostenibile vanno presi in considerazione sia i fattori ambientali che quelli della giustizia e dell’equità.
“Oggi – spiega Francesco Gesualdi – si stanno scontrando due poteri: da un lato la finanza, che vuole che la gente non spenda e non si indebiti per arricchire i soliti noti. Dall’altra il vecchio capitalismo che vuole che i consumi aumentino sempre e non si preoccupa delle conseguenze che questi possono avere sul sud del mondo o sul Pianeta. Ecco perché bisogna costruire un Nuovo Modello di Sviluppo (1) che superi queste due logiche perverse. Sta a noi dunque dimostrare che si può creare un sistema sobrio che però garantisca la piena partecipazione lavorativa”.
Francesco Gesualdi sostiene infatti che cambiare stili di vita è necessario, ma non sufficiente: bisogna ripensare il concetto di ‘lavoro’. “Due secoli di capitalismo ci hanno convinto che l’unica strada per la sopravvivenza passi per la vendita del proprio tempo. Oggi si identifica il termine lavoro con quello di ‘lavoro salariato’, ma non deve essere necessariamente così. Il fai da te, l’autoproduzione del cibo o del vestiario, il saper fare non sono monetizzabili, ma ci liberano dalla dipendenza dal danaro. Sono attività che richiedono lavoro e soddisfano bisogni primari. Se aumentiamo questo tipo di attività, possiamo ridurre il lavoro salariato. Il famoso ‘lavorare meno lavorare tutti’.
In questo momento storico ci sono migliaia di persone disoccupate e migliaia di persone che devono soddisfare i loro bisogni primari. Dobbiamo far incontrare queste due necessità. Invece che chiedere denaro, potremmo chiedere tempo e competenze. Queste sono la vera ricchezza dell’essere umano”. “Cambiare si può – afferma Francesco Gesualdi – e il cambiamento deve essere prima di tutto culturale”.
1. Intervistato da Daniel Tarozzi Francesco Gesualdi ha ammesso che oggi non avrebbe utilizzato il termine “sviluppo” perché questo è fin troppo legato a quello della crescita del Pil assunta come unico indicatore di benessere
Il sito del Centro Nuovo Modello di Sviluppo
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