3 Feb 2015

Terzo settore e lavoro sociale alla deriva?

Scritto da: Alessandra Profilio

Questa settimana ai microfoni di Terranave le voci del terzo settore italiano: educatori, psicologi, operatori che lavorano nel sociale e […]

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Questa settimana ai microfoni di Terranave le voci del terzo settore italiano: educatori, psicologi, operatori che lavorano nel sociale e che hanno contribuito alla stesura di un dossier intitolato “La deriva del sociale”.

 

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Il dossier, pubblicato nell’ultimo numero del mensile “Gli asini”, parte da una riflessione di Goffredo Fofi sul mondo del sociale italiano per declinare il tema da diversi punti di vista, grazie ai contributi di persone che nel sociale lavorano da anni. “Un tempo non si parlava di operatori sociali o assistenti sociali ma di militanti, interessati alla difesa degli interessi dei proletari e dei popoli” scrive Fofi “il sociale dovrebbe imparare a fare politica e scegliere la strada della lotta, muovendosi insieme: assistenti e assistiti”.

 

Nicola Ruganti lavora con gli adolescenti e insegna italiano e storia alle scuole superiori, interrogato sul suo lavoro sottolinea in primo luogo che individuare desideri e bisogni, capire a chi sta giovando un determinato progetto o una determinata attività, è la base di un servizio sociale efficace e utile. “Gli operatori sociali – afferma Ruganti – si sono concentrati sulla ricerca dei fondi, dimenticandosi le motivazioni che li spingono a portare avanti il loro lavoro”. D’altra parte è innegabile che nel nostro Paese le risorse economiche dell’Italia destinate al terzo settore abbiano subito una progressiva riduzione, e anche con la nuova legge di stabilità i fondi destinati ai servizi del terzo settore sono minimali.

 

 

“Gli operatori del sociale sono perennemente insoddisfatti, spiega la psicologa Benedetta Lorenzoni, sia per motivi economici che relazionali, questioni strettamente intrecciate tra loro. “È importante non essere sottopagati, perché con un giusto stipendio si da importanza alla persona. Non bisogna sentirsi ‘sfigati’, come capita a numerosi operatori sociali, né tanto meno narcisi perché si sta facendo del bene a qualcun altro. Bisogna trovare un modo diverso di fare il sociale: fare il dovere con il piacere, con la passione, perché il lavoro sociale è uno dei più belli del mondo”.

 

“Quando è nato l’associazionismo credevamo che fosse una risposta ai movimenti e ai partiti” conclude Cecilia Bartoli, da anni impegnata nel terzo settore “poi il mondo del sociale si è trasformato in un “progettificio” autoreferenziale”. “Questa crisi ha portato però a qualcosa di buono: una rinascita di resistenza civica. Dobbiamo sempre provare ad abitare il ‘come se’, coltivare sempre l’idea della possibilità di costruire qualcosa di nuovo”.

 

Per saperne di più:

Il sito del network Amisnet: amisnet.org
L’archivio delle puntate di Terranave: www.italiachecambia.org/categoria/terranave/

 

 

 

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