Io faccio così #60 – Forum Salviamo il Paesaggio: tutti uniti contro il consumo del territorio
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Secondo una statistica del Sole 24 Ore, le case invendute in Italia sono 540mila e un quarto di esse è appena stato edificato. Eppure, si continua a costruire. Perché? Forse per lo stesso motivo per cui oggi l’82% dei Comuni italiani è a forte rischio idrogeologico, come denuncia il Corpo Forestale dello Stato. O per cui, come rileva uno studio del WWF, nel nostro paese vengono urbanizzati 90 ettari di territorio ogni giorno. Uno scempio a cui ogni cittadino è moralmente chiamato a opporsi. Ma non da solo. Esiste un forum che riunisce più di 1000 sigle, che a loro volta rappresentano centinaia di migliaia di persone che vogliono fermare il suicidio che stiamo commettendo, violentando in maniera efferata il nostro territorio, da molti considerato il più bello del mondo. Il suo nome è Salviamo il Paesaggio.
«La nostra sfida più grande è riuscire a parlare una lingua che sia comprensibile per il mondo accademico e per quello politico, ma soprattutto per i cittadini», spiega Alessandro Mortarino, coordinatore nazionale del Forum Salviamo il Paesaggio. «La nostra forza sono gli oltre 150 comitati locali che, riuniti sotto un simbolo, una progettualità e una struttura di portata nazionale, operano quotidianamente sul territorio per portare questi argomenti all’attenzione di tutti». Ma quali sono gli argomenti in discussione? Dalla cementificazione al dissesto idrogeologico, dalle grandi opere agli inceneritori, il Forum si occupa di tutto ciò che in questo momento sta minacciando la salubrità e la vita stessa della terra su cui poggiamo i nostri piedi. «In termini operativi, portiamo avanti numerose iniziative, come il “censimento del cemento”, il supporto ai comitati locali e l’attività conferenziera e divulgativa. Il prossimo grande traguardo è la stesura di una proposta di legge di iniziativa popolare contro il consumo del territorio».
Per quanto l’obiettivo sia ambizioso, non ci si muove su un terreno inesplorato. Riccardo Picciafuoco, architetto paesaggista e coordinatore del tavolo tecnico “Paesaggio Marche”, racconta ciò che è successo nella sua Regione: «A un certo punto abbiamo capito che le istituzioni non stavano ponendo rimedio alla situazione marchigiana, diventata ormai emergenziale. Non si preoccupavano del consumo di suolo sproporzionato rispetto al fabbisogno delle comunità, né tantomeno della scarsa partecipazione dei cittadini alle scelte. Così, dopo tre anni di lavoro sul testo e sei mesi di raccolta firme nelle piazze, abbiamo presentato una legge di iniziativa popolare sul governo del territorio».
Dal punto di vista del consenso è stato un enorme successo: a fronte della soglia minima di 5000 firme necessarie per la presentazione, il Forum Paesaggio Marche ne ha raccolte quasi 9000. Una cittadinanza attiva dunque, che adesso si aspetta una risposta pronta e responsabile da parte del mondo politico, che svolge un ruolo determinante. «Il problema principale – spiega Riccardo – è che i Comuni si basano sulla tassazione delle aree edificabili e delle rendite per far quadrare i propri bilanci. Quindi, da una parte gli oneri di urbanizzazione sulle aree edificabili e dall’altra l’IMU sulle aree edificate. Bisogna trovare un’alternativa a questa dipendenza».
Eppure, con coraggio e metodo, c’è chi ha dimostrato che anche nel quadro finanziario e normativo attuale è possibile mettere in pratica una politica virtuosa. Ne sa qualcosa Domenico Finiguerra che, mentre era sindaco di Cassinetta di Lugagnano, in provincia di Milano, è riuscito a “snellire” il piano regolatore comunale fino ad approvarne uno a crescita zero. «Quando c’è la volontà politica, nulla è impossibile», sottolinea Domenico. «A livello nazionale si sono definiti gli schieramenti con il varo del decreto Sblocca-Italia, che contiene la più grave offensiva contro i beni comuni, il territorio e l’ambiente che il nostro paese abbia mai conosciuto. Trivellazioni, attacco al demanio, inceneritori, il paesaggio come merce di scambio. È sorto uno spartiacque che delineerà due schieramenti: chi starà dalla parte dei poteri forti, del partito del cemento, di chi vuole saccheggiare i nostri beni non riproducibili, e chi vi si opporrà».
L’ex sindaco Finiguerra, ora consigliere comunale ad Abbiategrasso, propone anche una riflessione più ampia sul consumo di suolo e sul land grabbing, accaparramento di territorio da parte di chi non ha a cuore gli interessi di chi lo abita: «L’attenzione da parte degli Stati o delle grandi multinazionali straniere verso la nostra terra ha due funzioni: una economico-finanziaria e speculativa e un’altra legata al mantenimento della sovranità alimentare. Nel 2050 la popolazione mondiale arriverà a dieci miliardi di persone e il grande problema sarà garantire cibo per tutti. Questo innescherà altre dinamiche, che riguardano anche la ripartizione delle risorse». La terra è dunque una risorsa primaria, a cui l’uomo è legato in maniera simbiotica. Per questo motivo, ricoprendo il pianeta di cemento egli sta firmando la propria condanna.
Attenzione però a non commettere un errore grave, ma purtroppo estremamente comune, ovvero pensare che le “grandi questioni” non ci tocchino da vicino, che siano di competenza delle alte sfere. «La maggior parte delle persone non si rende conto della bellezza del posto in cui vive. Solo alcuni lo fanno e sono i più attivi nel difendere il proprio territorio. La consapevolezza anche di una sola persona però, spesso può cambiare le cose. Fare la propria parte, per quanto piccola essa possa essere, è fondamentale». Anche Virginia Scarsi, coordinatrice della redazione di Salviamo il Paesaggio, si è messa in gioco in prima persona: «Lavoro nell’ambito della comunicazione e il desiderio di lavorare per questo movimento mi è venuto quando mi sono trovata a dover ritoccare sempre più spesso foto dei paesaggi, cancellando capannoni, tralicci e altre deturpazioni dovute alla cementificazione. Ho cominciato a sentirmi frustrata e a voler fare qualcosa di concreto per cambiare la situazione».
L’obiettivo è quello di raccogliere sotto lo stesso cappello soggetti che da tempo operano in questo campo – comitati, collettivi, associazioni ambientaliste e così via. «Il problema infatti – spiega Virginia – è la grande frammentazione: in Italia siamo ancora divisi fra guelfi e ghibellini, ognuno agisce per conto proprio, combatte le sue piccole battaglie. Noi abbiamo pensato di creare un soggetto che unificasse tutte queste sigle per pesare di più a livello nazionale. L’esistenza del Forum ha già sortito buoni effetti, grazie anche ai canali della comunicazione. Quando un comitato locale ha un problema, noi lo rilanciamo a livello nazionale e la sua visibilità viene amplificata, così come il suo potere contrattuale e la sua credibilità».
Una struttura ben articolata e funzionale, che però necessita della presa di coscienza di ciascuno di noi. Dobbiamo abbandonare la logica “nimby” e pensare al territorio del nostro Paese come a un immenso bene comune, il più grande e il più prezioso che abbiamo. E non dobbiamo avere paura di difenderlo, con la consapevolezza che ci sarà sempre qualcuno che ci supporterà, ma mai nessuno che lo farà al posto nostro.
Il sito di Salviamo il paesaggio.
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