Io Faccio Così #55 – Nica Mammì e Daniele Contardo: un viaggio in bici per raccontare l’Italia che resiste
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Torino - Gli obiettivi del viaggio di Daniele Contardo e Nica Mammì suonano familiari all’Italia che Cambia: incontrare e raccontare una parte (la più numerosa) del nostro paese che non è rappresentata dai media mainstream ma esiste, resiste e si dà da fare più di quanto non si creda.
Nei tre mesi estivi del 2014 i protagonisti di “2 ruote di resistenza. Alla ricerca del popolo che manca” hanno girato l’Italia in bicicletta spostandosi dal Piemonte alla Basilicata per conoscere le realtà al di fuori delle grandi città.
Lui, Daniele Contardo, è un musicista ma preferisce definirsi “suonicista randagio” e “Contador” (cantastorie); lei, Nica Mammì, è giornalista, storica e insegnante di italiano per stranieri, tutto rigorosamente in regime di precariato. All’inizio l’idea di questo viaggio nasce come tournée musicale poi, grazie soprattutto alla presenza di Nica, si aggiunge l’intento narrativo. Ispirati dall’esperienza di Nuto Revelli – partigiano, scrittore e narratore delle condizioni di vita dei contadini delle valli cuneesi – i due compagni di viaggio sono partiti alla volta delle numerose realtà che vivono lontano dalle grandi città e dalla lente d’ingrandimento dei media, alla scoperta – tra le altre cose – del mondo agricolo post-crisi.
“Prendendo spunto da Revelli abbiamo pensato di raccontare un nuovo contesto contadino”, spiega Daniele, “quello delle persone che scelgono di rispondere alla crisi ritornando ai loro sogni e alle loro idee, interpretando la campagna in maniera nuova. Per questo la chiamiamo campagna due punto zero”.
Gli agricoltori 2.0 sono consapevoli dei danni portati dal mercato globale e dall’industrializzazione, non puntano alla grande distribuzione ma piuttosto alla qualità dei loro prodotti. Come fanno, ad esempio, Lucio e Giulia di Casetta Gialla – in Umbria – dove hanno deciso di ristabilire le piante da frutto autoctone, completamente assuefatte alle caratteristiche del terreno su cui crescono. Seguono i principi del valore dei prodotti locali i contadini e gli artigiani di “Genuino clandestino“, mentre la “Rete dei Semi Rurali” ricorda l’importanza della biodiversità agricola e la necessità di conservarla e valorizzarla.
L’esodo verso le città e il lavoro salariato del boom economico degli anni ’60 ha portato all’abbandono delle campagne, “chi ha deciso di restare o tornare in campagna e sulle montagne fa qualcosa di utile per tutta la società”, incalza Daniele, “perché si prende cura del territorio e lavora anche per evitare disastri ambientali come il dissesto idro-geologico”.
Ispirati dai valori de “Il movimento lento”, la bicicletta è il mezzo di trasporto prescelto per affrontare questo viaggio, perché considerato più vicino a questo mondo popolare e il più adatto per avvicinarlo. Sicuramente la morfologia del territorio non ha permesso loro di spostarsi esclusivamente sulle due ruote e alcune volte si sono affidati al treno, rigorosamente a bassa velocità, proprio come sono abituati a fare i protagonisti delle loro storie e dei loro incontri.
“La linea del TAV serve le solite dieci grandi città italiane”, considera Daniele, “ma la quasi totalità degli italiani, i restanti settemilanovecentonovanta comuni, vivono nel coprifuoco e dopo le nove di sera possono spostarsi solo se possiedono l’automobile. Così i ragazzi minorenni”, prosegue, “passano l’adolescenza aspettando di prendere la patente per potersi muovere da dove vivono.” Affrontare le difficoltà di spostamento tra una tappa e l’altra significa anche toccare con mano i problemi che riguardano questo popolo, sperimentare lo stato delle strade e dei collegamenti.
Daniele e Nica fanno notare come la bicicletta e i gloriosi treni regionali (gli unici su cui è consentito caricare le due ruote) siano i soli mezzi che, in assenza di automobile, servono quella maggioranza silenziosa d’Italia che vive all’insaputa dei media principali. “Per me l’Italia che cambia è proprio questo popolo che manca”, aggiunge Nica, “manca dalle narrazioni quotidiane ma è più vivo che mai, e sperimenta nuove forme di sopravvivenza e di lavoro.” È un nuovo che ha radici antiche: riprende l’antica sapienza abbandonata per secoli e la rielabora.
Il viaggio delle “2 ruote di resistenza” è fatto di due momenti principali. Il primo è quello degli incontri e del racconto, le esperienza di vita del “popolo che manca” sono riportate sul blog di viaggio “Bike Partisans”, un nome in cui si riconoscono entrambi perché in un paese dominato dalle automobili usare la bici è una scelta partigiana e resistente, proprio come le storie incontrate e raccontate. La seconda parte è quella prettamente musicale, affidata al “suonicista randagio” Daniele e al suo organetto – lo strumento dei migranti per eccellenza – che insieme compongono e scelgono la musica ispirata dalle tradizioni e dalle usanze dei luoghi e delle persone. “L’organetto ascolta il vento della strada e lo restituisce” confida Daniele “è un ambasciatore della musica di strada, è un amico portatile che sta sul cestino della bicicletta e posso portare ovunque con me”.
Grazie all’organetto Daniele può riprodurre ogni genere di musica dal folk al rock’n roll, creando un’occasione di incontro e di scambio reciproco con le realtà che ha incontrato e incontrerà nel corso dei loro viaggi.
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