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“E’ in pieno svolgimento l’iniziativa Facciamo più bella la nostra scuola, progetto che un gruppo di genitori, con tenacia e grande spirito di volontà, ha trasformato in realtà. Formando una vera squadra, capitanata dall’instancabile Presidente del Consiglio di Istituto, sig. Mario Panebianco, si sono rimboccati le maniche per rendere più belli e accoglienti diversi locali della scuola” (1).
All’istituto Galileo Galilei di Acireale si sono preparati al nuovo anno così, rulli e pennelli in mano per imbiancare la scuola portando una ventata di freschezza. Sicuramente Rosaria Maltese, dirigente scolastica, sa che un ambiente curato è il primo passo per avvicinarsi ad un apprendimento sereno.
Le consapevolezze messe in campo in questa iniziativa vanno però ben oltre il ridipingere le pareti.
Questo atto pratico è prezioso perché porta la volontà di ristabilire il significato di bene condiviso mostrandolo alle nuove generazioni, colmando così quel vuoto che per lungo tempo si è creato tra individui e istituzioni pubbliche.
Quello è lo spazio dell’incontro, del “noi” e della comunità capace di prendere decisioni e agire al di là dei sistemi burocratici. La scuola appartiene non solo ai dirigenti, ma agli allievi e ai genitori che occupandosene restituiscono un senso più antico di comunità.
È una zona di confine ambigua perché è dove ci si confronta a “tu per tu”, spazio non codificato che funziona solo se il desiderio di incontro è autentico. Oggi riabitare queste zone di confine significa sviluppare il senso di appartenenza ad una comunità che prima di essere nazionale o planetaria è in primo luogo locale.
Lo sviluppo di regolamenti o meglio accordi riguardo i beni comuni è un cammino che porta l’Italia oggi a riscoprire la qualità di ciò che è “pubblico” in maniera distinta da ciò che è “statale”.
“Oh grande spirito, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare, e la saggezza di capirne la differenza”
Karl Paul Reinhold Niebuhr
Queste parole colme di saggezza suggeriscono che il primo passo per dare vita a macro cambiamenti è capire quali cose sono in nostro potere ed occuparcene, perché ci sono moltissimi aspetti della realtà che rientrano nella nostra possibilità d’azione e da noi dipendono. Imparando a prenderci cura oltre che del nostro giardino anche di un pezzetto in più, della strada che da davanti casa porta alla piazza fino alla scuola rendiamo nuovamente vivo in noi il terreno della collettività. Questi piccoli passi invertono quel percorso che ha fatto sì che ciò che non era privato divenisse terra di nessuno, rendendolo nuovamente terra nostra, cosa nostra.
Riscoprire la responsabilità individuale, capacità di rispondere che nel caso della scuola Galileo Galilei è diventata capacità di agire, è prerogativa grazie alla quale possiamo accompagnare questa Italia Che Cambia nel prendere corpo e volto. Questo volto è la capacità di colmare il vuoto presente tra gli uni e gli altri. L’Italia Che Cambia sono le persone che davanti allo stato delle cose si sono riappropriate del loro poter fare partecipando a lasciare una loro impronta positiva nel mondo, mondo che è quel luogo che riguarda tutto ciò che ci comprende senza limitarci strettamente a noi stessi. La responsabilità è lo strumento che ci difende dall’essere inermi. Questa possibilità colma di avventura ed epica quotidiana è aperta a tutti, quindi pubblica.
Tutte le buone novelle come questa di Acireale fanno parte di un racconto che cominciato con “Io faccio così” sta diventando sempre più la storia di “Noi facciamo così”. Il fatto che le scuole divengono palcoscenico di buone pratiche restituisce quel ruolo centrale all’educazione che come cuore vivo della comunità può farsi culla, dove la capacità di prendersi cura che genera appartenenza viene tramandata e mantenuta viva.
- http://www.icgalilei-acireale.it/component/content/article/8-news/277-al-lavoro-per-fare-piu-bella-la-nostra-scuola.html
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