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Francine e Ferry hanno deciso di fare le cose in grande. Lei è inglese, lui olandese e gestiscono un’attività di vendita di semi all’ingrosso in Olanda. Hanno appena acquistato ben 130 ettari di terra qui in Portogallo. La proprietà è così grande che per farci fare un giro di perlustrazione prendiamo il pick-up: qui una sorgente d’acqua, là faremo delle “keyline”, quà una “swale” (keyline e swale sono tecniche usate in Permacultura per intercettare e trattenere il flusso d’acqua), qui un lago, lì una foresta tropicale e via discorrendo.
A Quinta, il nome del loro progetto, è iniziato da poco, e soldi e, per fortuna, buone idee non mancano.
Hanno in mente di:
– Creare una piccola comunità e costruire una scuola alternativa sul posto. Chiunque fosse interessato cercano famiglie e in generale persone che si uniscano a loro;
– Ospitare corsi di permacultura. L’ampio spazio a disposizione permette davvero di sperimentare e progettare su più livelli;
– Avviare un centro in cui organizzare delle sessioni di costellazioni familiari con l’ausilio di cavalli, che a quanto pare si rivelano molto sensibili e utili per queste operazioni. Francine ha vissuto in prima persona questo tipo di esperienza e ne è rimasta profondamente toccata. Inoltre è un amante dei cavalli.
– Fermare la desertificazione (1) con delle tecniche naturali di rigenerazione del suolo. A tal proposito il sistema è alquanto originale e altrettanto efficace: si creano, attraverso dei recinti, degli spazi in cui si concentrano, a rotazione, un gran numero di mucche, poi di galline e di pecore. La concentrazione di animali nello stesso punto permette di dissodare e fertilizzare il terreno. La rotazione consente di compensare ed equilibrare gli eccessi apportati dalle singole specie. Per gli amici permacultori, si tratta di un grande “chicken tractor” in cui si fanno ruotare più animali. Tutto ciò fa si che il terreno si rigeneri completamente e in maniera del tutto naturale.
Francine e Ferry lavorano al loro progetto da 10 anni ormai. Ora sono in una fase di transizione, lei è con i bambini, Jim nove anni e Rio sette, in Portogallo, lui fa avanti e indietro in Olanda per pilotare la loro attività commerciale verso una fase di gestione on line. Appena arriviamo facciamo la conoscenza di Anthony, un signore inglese sulla cinquantina, magro, abbronzato e muscoloso che dimostra almeno dieci anni in meno. Instancabile lavoratore, rimarrà qui per una settimana. Si sono conosciuti tempo addietro, nel periodo in cui Francine e Ferry, facevano il giro tra le varie realtà per cercare un terreno dove installarsi. Anthony abita a Monchique in un posto in cui stanno costruendo delle case in terra con la tecnica del super adobe, una delle mie preferite. Una visita sarà d’obbligo!
Quando facciamo il giro dell’orto di Francine, rimaniamo particolarmente colpiti per l’abbondanza dei suoi frutti. È in piena “esplosione”. Pomodori di tutti i tipi, cavoli, bietole, fragole, cipolle… ma soprattutto un forte odore mi riporta, con la mente, dritto dritto in patria. Sotto ai miei occhi, e al mio naso, sei, anzi, sette filari di basilico. Sono in estasi! A parte le abbondanti paste a base di pomodorini freschi e basilico, che seguiranno nei giorni a venire, scatta subito la voglia di macinare del pesto. Con appena le foglie di tre piante, ne ricavo otto grandi barattoli. E pensare che là fuori ci saranno circa una sessantina di piantine.
Pesto a parte, durante la nostra permanenza mi occupo di scolpire la scritta “A Quinta” su di un enorme masso posizionato all’ingresso della proprietà, Tiphaine pianta i semi per il prossimo inverno e insieme costruiamo e fissiamo la porta per la serra. Dopo qualche giorno scopriamo il segreto di un orto così rigoglioso. Il terreno è stato arricchito di batteri attivi naturali precedentemente allevati in una soluzione di acqua e melassa. Il prodotto si chiama “EM” (microganismi efficaci) ed è un ottimo sistema per migliorare la qualità del terreno. Su internet, come sempre, ci sono pareri contrastanti. Se funzionasse come applicazione una tantum, sarebbe l’ideale, se invece dovesse vincolare ad un uso costante, sarebbe meno interessante.
Su, in cima ad una collina, c’è un vecchio mulino a vento che domina tutta la vallata. Decidiamo di farci un salto. In fondo si vede il mare che luccica, a destra e a sinistra l’occhio non si annoia seguendo le curve delle colline minori. Delle enormi pale ruotano emettendo un sibilio che amplifica la maestosità del vento che mai come oggi sfoggia la sua potenza. Gaetano è orgoglioso del suo lavoro e ben presto, contento della nostra visita, ci conduce all’interno del suo mulino, acquistato 15 anni fa. Dietro al sipario scopriamo l’ingegno dell’uomo. Una serie di ingranaggi (tutti di legno) convertono la forza di questo elemento della natura, mettendo in moto un semplice, ma allo stesso tempo sofisticato, meccanismo, che riduce in farina chicchi di grano, mais e miglio. Ci spiega che è l’unico mulino di tutta la regione ancora funzionante e che con la sola capacità del vento è in grado di macinare 1000 kg di cereali al giorno.
I giorni passano e Jim, che si è particolarmente affezionato a noi, scoppia in lacrima quando realizza che, all’indomani, partiremo. Per noi è giunto il momento. Karl e Judit hanno organizzato un weekend di reciproco aiuto, ci stanno aspettando!
1. Per chi volesse approfondire, ecco un video di Allan Savory, biologo zimbabwese, che spiega ed applica, con degli eccellenti risultati, questo metodo a delle macro aree nel Mondo che sono in via di desertificazione.
Il sito di Tribodar
Il blog CycloLenti
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