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“Immagina che domani il parco dove vai sempre a correre o a leggere, quello dove porti il tuo cane o i tuoi bambini a giocare, ti venisse tolto. A te e a tutti gli altri cittadini. Non lo rivorreste indietro?”. Con questa provocazione ActionAid ha lanciato pochi giorni fa la campagna per mettere fine al landgrabbing (letteralmente “accaparramento della terra”).
Il fenomeno, portato avanti sia da governi che da soggetti privati, colpisce migliaia di persone in tutto il mondo, in alcuni casi impoverendo comunità rurali che già di per sé patiscono la fame.
“Come reagirebbero gli Italiani se il Parlamento approvasse una legge per privatizzare aree verdi pubbliche come Colle Oppio, Villa Borghese, Circo Massimo a Roma, Parco Sempione a Milano o i Giardini dell’Orticoltura a Firenze? Per fortuna in Italia ciò non accade”, continua ActionAid.
Una situazione però critica si sta verificando in Senegal, nella regione di Ndiaël, dove oltre 9mila persone – divise in 37 villaggi – stanno per essere ridotte ulteriormente in povertà da un progetto di una società italiana: la Senhuile SA, una joint venture di proprietà del gruppo finanziario italiano Tampieri, che possiede il 51% della società, e di Senéthanol SA che possiede il rimanente 49%.
Attraverso una concessione governativa, la Tamperi sottrarrà – per attuare un investimento agricolo privato – circa ventimila ettari di terra ad una popolazione che vive principalmente di pastorizia, allevamento e agricoltura. Così facendo, è logico dedurre, si ridurrà a zero ogni possibilità di sussistenza della comunità.
La maggior parte di questi processi, inoltre, avvengono senza l’informazione e il consenso delle persone che vivono in quei territori.
Ne “il grande furto della terra” ActionAid presenta alcuni casi studio che mostrano come gli accaparramenti di terra in Cambogia, Sierra Leone, India e Senegal stiano causando trasferimenti forzati, violazioni dei diritti umani perdita di mezzi di sussistenza, crescente insicurezza alimentare.
Anche l’Italia partecipa alla pratica del landgrabbing con investimenti considerevoli soprattutto nell’Africa Sub-Sahariana. Uno di questi è, per l’appunto, quello del gruppo Tampieri.
Gli abitanti di quella regione stanno tentando di opporsi a questo progetto che va contro la loro sopravvivenza ma, come constata amaramente ActionAid: “la loro voce da sola non basta. Uniamoci a loro. Fermare il progetto della Tampieri attraverso la sua controllata Senhuile SA si può”.
La domanda a questo punto è: come? Firmando la petizione che la Onlus ha pubblicato online. Sono già oltre 25mila le voci che si sono unite a quelle degli abitanti di Ndiaël. Vale la pena far sentire anche la nostra?
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