10 Apr 2014

Stop al consumo di suolo: a Rivalta i terreni edificabili ritornano agricoli

Scritto da: Laura Pavesi

Nel paese della cementificazione selvaggia, esistono comuni virtuosi nei quali i terreni edificabili ritornano agricoli: succede a Rivalta (Torino), dove […]

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Nel paese della cementificazione selvaggia, esistono comuni virtuosi nei quali i terreni edificabili ritornano agricoli: succede a Rivalta (Torino), dove l’amministrazione ha censito e chiesto a tutti i proprietari di aree edificabili di rinunciare ai loro diritti edificatori e ritornare alla destinazione agricola. E i cittadini hanno detto sì.

 

Rivalta1

L’Italia che cambia è davvero una realtà: nel paese della cementificazione selvaggia, esistono comuni virtuosi nei quali i terreni edificabili ritornano agricoli. Succede a Rivalta, comune di circa 20.000 abitanti alle porte di Torino, dove l’amministrazione – con l’obiettivo dichiarato di fermare il consumo di suolo – ha censito e chiesto a tutti i proprietari di aree edificabili di rinunciare ai loro diritti edificatori e ritornare alla destinazione agricola. E i cittadini hanno detto sì.

Complice la crisi e le crescenti imposte sui beni immobili, in Italia si sta sviluppando un fenomeno impensabile fino a pochi anni fa: i proprietari di aree edificabili non ancora edificate stanno seriamente valutando la possibilità di “ri-destinare” i terreni agli usi agricoli. Le amministrazioni locali, com’è facilmente prevedibile, entrano in crisi di fronte ad un’eventualità del genere poiché, a causa del patto di stabilità e dei tagli nel trasferimento delle risorse dagli enti centrali a quelli periferici, gli oneri legati alla cementificazione sono ormai le uniche entrate “certe” che permettono il funzionamento della macchina amministrativa e l’erogazione dei servizi.

 

Ma esistono anche comuni virtuosi che, di loro spontanea iniziativa, stanno chiedendo ai concittadini proprietari di aree edificabili di rinunciare ai diritti edificatori. Uno di questi è Rivalta di Torino, che si pone in netta controtendenza rispetto alla cementificazione dilagante del territorio nazionale. L’ultima variante al PRGC (Piano Regolatore Generale Comunale), approvata nel 2011, contempla nuove edificazioni per 300.000 mq, che corrispondono alla costruzione di unità abitative per circa 7.000 nuovi residenti. Ciò comporterebbe un incremento della popolazione del 35% circa: un aumento che non appare giustificato né dall’attuale congiuntura economica, né dall’andamento demografico storico del Comune stesso.

 

Per tutti questi motivi, la Giunta comunale di Rivalta ha deciso, all’unanimità, di avviare una revisione generale del PRGC ed ha pubblicato un Avviso Pubblico per censire i “proprietari di terreni intenzionati a rinunciare ai diritti edificatori sanciti nel PRGC vigente” (Delibera di Giunta Nr. 141 del 09/07/2013). Ad oggi una decina di proprietari ha già espresso la chiara volontà di tornare alla destinazione agricola. In totale, questi cittadini “virtuosi” di Rivalta possiedono circa 30.000 mq di terreno che potrebbero generare oltre 6.000 mq di superficie edificabile utile, vale a dire 60 alloggi di medie dimensioni da 100 mq ciascuno.

 

Si potrebbe obiettare che è troppo poco, ma è un inizio e i grandi obiettivi, si sa, si raggiungono solo facendo un passo dopo l’altro. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che ogni edificio costruito ex novo su un terreno libero, comporta un aumento esponenziale dei costi di allestimento e gestione dei servizi comunali: fognature, illuminazione, strade, trasporti, ecc. Tutti costi che si potrebbero evitare, permettendo così ai Comuni di destinare le risorse ad opere più utili per la collettività come, ad esempio, la ristrutturazione e il riuso di edifici pubblici già esistenti o abbandonati e la riqualificazione dei centri storici.

 

Abbiamo parlato di questi importanti temi con Guido Montanari, Assessore del Comune di Rivalta con deleghe a urbanistica, paesaggio, arredo urbano, agricoltura, edilizia privata e difesa dei beni comuni.

AssessoreMontanari
Assessore Montanari, com’è nata l’idea di chiedere ai proprietari di terreni edificabili nel territorio di Rivalta di rinunciare ai loro diritti edificatori e quanti di loro hanno risposto in modo positivo? Il vostro appello è ancora in vigore?

“L’idea è nata dalla considerazione che il Piano Regolatore Generale approvato dalla precedente Amministrazione nel 2011 prevede l’insediamento di circa 7.000 abitanti in un paese di meno di 20.000. Evidentemente è un Piano sovradimensionato, pensato per portare nelle casse del Comune denaro derivante dagli “oneri di urbanizzazione” che, in virtù di una legge scellerata, possono essere utilizzati nel bilancio indipendentemente dalla loro destinazione. Dato che il programma di mandato della nostra Amministrazione, guidata dal sindaco Mauro Marinari, è impostato sulla riduzione del consumo di suolo, ma che la modifica del PRG è un’operazione molto lunga, abbiamo pensato di chiedere direttamente ai proprietari se qualcuno avesse intenzione di rinunciare a tali “diritti” e tornare alla destinazione agricola dei loro terreni.

A fronte della crisi economica e delle tasse che gravano sui terreni edificabili, una decina di proprietari – per l’equivalente di circa 6.000 mq di superficie lorda di pavimento edificabile (cioè 60 alloggi da 100 mq ciascuno) – hanno risposto positivamente al nostro appello, che aveva un scadenza, ma che ora pensiamo di aprire nuovamente in modo da poter accogliere il maggior numero di adesioni da inserire nella prossima revisione del Piano”.

Rivalta3

Molti comuni italiani si trovano in difficoltà economiche a causa del patto di stabilità e dei tagli nel trasferimento delle risorse dagli enti centrali e, per questo, cercano risorse proprio attraverso gli oneri di urbanizzazione. Per Rivalta una scelta forte come questa significa rinunciare ad introiti non trascurabili: a quanto ammonta questo mancato introito e come intendete compensarlo?

“La riduzione degli introiti degli oneri di urbanizzazione è stata molto significativa quest’anno (circa il 50%) e lo sarà ancora di più il prossimo anno (quasi il 100%), non tanto per il nostro provvedimento – che riguarda una percentuale esigua sul totale delle aree edificabili (e, oltre tutto, non è ancora operativa) – ma per il fatto che la crisi economica ha portato ad una riduzione drastica degli interventi immobiliari. Questo dato è positivo perché segnala un’inversione di tendenza nell’invasione del cemento avvenuta in questi anni, ma dall’altro espone gli enti locali alla impossibilità di mantenere i servizi essenziali.

Noi stiamo conducendo una lotta agli sprechi, cercando di risparmiare sui consumi e sulle spese superflue, abbiamo cercato di ripartire l’aumento delle tasse e delle tariffe aumentando l’imposizione sulle fasce di redito più alte e salvaguardando le più basse. Ciò non impedisce un taglio dei servizi destinato a crescere nel tempo. E’ necessario che la politica nazionale si faccia carico di questo problema, non riproponendo ricette fallimentari per il territorio e per l’intera società come la vendita di diritti edificatori, ma avviando seri interventi di riqualificazione della spesa pubblica, di lotta all’evasione e di ripartizione più equa dei carichi fiscali”.

I cittadini che hanno rinunciato ai loro diritti edificatori per tornare agli usi agricoli, come intendono usufruire dei terreni: torneranno alla lavorazione diretta o apriranno nuove attività (agriturismo, biologico, fattoria didattica, ecc.) che potrebbero dare nuova occupazione? Oppure esiste il rischio che vengano ricoperti da pannelli fotovoltaici?

“I proprietari che ci hanno segnalato l’intenzione di ritornare ad usi agricoli hanno espresso chiaramente la volontà di non costruire e di lasciare i loro terreni a verde, però non siamo di fronte a proposte di riqualificazione come quelle richiamate, che necessitano ampi estensioni e notevoli investimenti. Tuttavia, ci hanno contattato alcuni gruppi di cittadini e di giovani che vorrebbero proporre attività del genere, ma non siamo ancora riusciti a trovare soluzioni che consentano una promozione reale di tali iniziative. Su questa strada ci stiamo muovendo, ma di sicuro i terreni non verranno ricoperti da pannelli fotovoltaici”.

Laura Pavesi

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