5 Dic 2013

Etinomia, dai No Tav all’imprenditoria etica. Quando una valle si fa comunità – Io faccio così #6

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti

È possibile trasformare l'immensa ricchezza sociale che il movimento No Tav ha innescato sul territorio e tra le persone in un'esperienza imprenditoriale? Possiamo far nascere da questo fermento un modello imprenditoriale diverso? Sono questi gli interrogativi da cui ha preso vita in Val di Susa la rete di imprenditori virtuosi Etinomia.

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“Stiamo provando a portare dei principi etici all’interno dell’attività imprenditoriale. A  mettere in atto un sistema nuovo, superare anche il concetto di concorrenza. Porre al centro il bene comune, cercando di superare l’arricchimento personale basato sullo sfruttamento della comunità”. È già strano sentire parole come queste saltar fuori dalla bocca di un imprenditore italiano. Diventa ancor più strano se questo imprenditore vive e lavora in quello che ci viene presentato ogni giorno dai media come una sorta di far west, dove branchi di violenti, facinorosi e terroristi scorrazzano liberamente e compiono i loro atti quotidiani di violenza e intimidazione. Ma facciamo un passo indietro.

C’è un luogo in Italia dove lo Stato spende in media 100mila euro al giorno per la sicurezza, sottoposto ad una sorveglianza massiccia e costante, dove ci sono militari e poliziotti schierati ad ogni angolo. È il luogo più militarizzato d’Italia. Ed è un cantiere. No, se state pensando ad una betoniera, qualche manovale e due vecchietti attaccati alla rete che commentano sdegnati come ai loro tempi quel muro là sarebbe stato più dritto siete fuori strada. Siamo in val di Susa e il cantiere in questione serve alla costruzione di una delle opere più grandi, dispendiose e discusse degli ultimi vent’anni: il tunnel per la nuova linea ad alta velocità Torino-Lione.

La questione è annosa. Quando a metà degli anni Novanta fu presentato il primo progetto i valsusini reagirono con veementi proteste. La loro valle sarebbe stata deturpata da una linea ferroviaria e da un tunnel che avrebbe forato le montagne per risbucare 57 chilometri più in là, in territorio francese. E vi era un rischio enorme di inquinare le falde acquifere di tutto il bacino idrico del torinese, dato che nella roccia che si voleva perforare erano presenti in notevole quantità amianto e uranio. Tutto per realizzare una grande opera che appariva perlopiù inutile, visto che la linea ferroviaria preesistente era sottoutilizzata.

Nasceva allora quello che sarebbe diventato negli anni il movimento più longevo d’Italia, un esempio per le molte realtà sorte successivamente, che avrebbe pian piano esteso la propria visione e si sarebbe evoluto da movimento di opposizione ad un’opera, a movimento di opposizione ad un intero modello sociale, infine a movimento costruttivo e propositivo. Il movimento No-Tav.

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Ma questo non lo leggerete sui libri di storia, né sui giornali (perlomeno non sulla maggior parte di essi). Per i media il movimento No-Tav è ancora oggi espressione di un gruppo di violenti retrogradi e affetti dalla famosa sindrome di nimby (acronimo inglese che sta per not in my back yard e che indica la reazione egoistica di chi si oppone alla realizzazione di qualosa solo perché non la vuole “nel proprio giardino”).

È anche per questo che neppure due anni orsono un gruppo di imprenditori locali vicini al movimento No-Tav, stufi di essere continuamente associati alla violenza o nella migliore delle ipotesi additati come lagnoni e distruttivi, si sono uniti per dimostrare che erano in grado di fare ben altro. “Siete contro il progresso, il Tav porterà lavoro e arricchirà la valle!” veniva loro ripetuto costantemente. Ma nella loro visione distruggere l’ambiente non era sinonimo di progresso e far confluire miliardi di euro pubblici nelle mani di pochi privati non era un buon modo per “arricchire la valle”.

Così nel febbraio 2012 è nata Etinomia (il nome è la fusione di “etica” ed “economia”), rete di imprenditori virtuosi. Ci siamo stati. Il camper di Daniel si è fermato in val di Susa per parlare con Daniele Forte, presidente e fra i fondatori di Etinomia. “La genesi stessa del progetto è emblematica. Ci siamo ritrovati attorno al giugno del 2011, eravamo un centinaio di imprenditori. Ci guardavamo intorno e ovunque vedevamo l’immensa ricchezza sociale che il movimento No Tav aveva innescato sul territorio e tra le persone, che si tramutava in gesti di solidarietà fuori dal comune, con esperienze di mutualità, scambio e dono. Così ci siamo detti, ‘sarà mai possibile trasformare tutto ciò in un’esperienza imprenditoriale, far nascere da questo fermento anche un modello imprenditoriale diverso?’”.

Un modello, quello che Daniele e gli altri avevano in mente, “che non neghi l’importanza del profitto, ma che al tempo stesso non trasformi il profitto in un demone che condiziona la condotta anche etica. Noi volevamo creare lavoro ma in modo sostenibile, rispettando l’ambiente, i diritti dei lavoratori, la società. Creando allo stesso tempo lavoro di qualità per l’imprenditore e i suoi collaboratori o dipendenti.”

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Presto fatto. Quei cento imprenditori che a giugno avevano pensato per la prima volta di mettersi in rete erano già 250 quando l’associazione venne costituita nel febbraio successivo ed oggi sono quasi un migliaio.

L’idea iniziale era semplice. “Facciamo rete e elaboriamo uno  strumento che consenta di rintracciare e renda visibili quegli imprenditori che si riconoscono in un certo modo di pensare. Questa idea si è rivelata dirompente, come se imprenditori, gente, associazioni aspettassero questo messaggio da anni! Forse perché la gente la aspettava da un po’”.

Il primo passo è stato decidere i valori comuni: “Il progetto si basa sui valori positivi proposti in questi anni dal Movimento No Tav: in primis, ovviamente, il rifiuto delle Grandi Opere inutili. Dopo aver scritto lo statuto, che è una formalità, abbiamo quindi redatto il nostro manifesto etico che riassume i valori nei quali ci riconosciamo. Chi si iscrive  ci racconta la sua storia e ci spiega le sue motivazioni. Se lo sentiamo in linea gli chiediamo se si riconosce nei valori del manifesto.”

Il resto è venuto molto facilmente. “Oggi siamo in tanti; sono le persone stesse che ci danno fiducia e che se devono chiamare un idraulico o un elettricista lo fanno tramite Etinomia, o vogliono che il loro faccia parte della nostra rete. La rete sta funzionando. Gli imprenditori si scambiano prestazioni e la gente chiede sempre più spesso professionisti aderenti ad Etinomia. Collaboriamo con la compagnia di microcredito MAG4, nostra associata, e stiamo cercando di portare una banca di credito cooperativa qua in Val di Susa. Il fatto che questo progetto sia nato in Val di Susa, ovviamente, ci ha agevolato: qui c’era il giusto mix di sensibilità verso certi valori grazie a decenni di lotta e un tessuto imprenditoriale molto vasto che comprende un po’ tutte le figure di imprenditoria tradizionale.”

Dopo l’incontro fra Daniel e Daniele, avvenuto nel settembre 2012, Etinomia ha continuato a crescere. Dal gennaio 2013 ha messo in circolo una sua moneta complementare (funzionante come un buono sconto), il Susino. Ad ottobre invece ha organizzato gli Stati generali del lavoro, un incontro di tra giorni organizzato assieme al movimento No-Tav e aperto a cittadini, intellettuali, imprenditori, rappresentanti delle istituzioni, dei sindacati, di movimenti, realtà e associazioni attive, provenienti da tutta Italia.

Dai tre giorni sono emerse idee e progetti molto concreti su come dar forza ai circuiti economici locali e alternativi, caratterizzati dalla collaborazione e dal rispetto.

Se questo è un movimento che sa solo protestare, che dire, viva la protesta!

Per saperne di più:

Il sito di Etinomia: etinomia.it

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