Oltre la scuola pubblica. La storia di Danilo Casertano e di come ha creato una “scuola di tutti” – Io Faccio Così #5
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Il racconto del viaggio nell’Italia che cambia continua anche questa settimana. L’ultima storia ci aveva portato a Milano, oggi invece ci spostiamo a Roma per proporvi l’esperienza di Danilo Casertano e dell’associazione da lui fondata.
Nata nel 2009, l’associazione MANES è una realtà in cui confluiscono varie professionalità del settore pedagogico, educativo e auto-educativo, tutte competenze che vengono applicate nel senso non-tradizionale del termine. Il punto comune verso cui convergono le energie delle persone che operano nell’associazione, è il riconoscimento dell’importanza della condivisione e del confronto per una formazione che ha come durata la vita. La comunità intera è intesa come stato o istituzione di riferimento, si chiama community education – educazione nella comunità – e viene utilizzato un termine inglese “non per snobismo”, come spiega ironicamente il fondatore di MANES, “ma perché in italiano al termine comunità potrebbero essere associati una serie di significati non pertinenti, mentre per noi è da intendere nel senso di ‘collettività’”.
Il metodo utilizzato dal personale di professionisti che insegna in questa scuola non segue dei modelli predefiniti, sebbene si possa assimilare per alcuni aspetti al metodo Steineriano, con cui ha in comune la centralità che viene data all’arte e all’artigianato, ma anche con le scuole democratiche, nelle quali è fondamentale il concetto di orizzontalità, importantissimo anche per MANES (sebbene qui rimanga centrale la figura dell’educatore). Si aggiunge alla filosofia-guida il ruolo fondamentale dell’auto-educazione del maestro. Tutte le scuole di formazione per insegnanti offrono corsi di psicologia, ma non viene mai data abbastanza importanza al lavoro su se stessi, un processo che rientra in una formazione costante e continuativa nel tempo.
Mentre spiega la sua storia dall’inizio, Danilo parla di MANES come della realizzazione di un sogno. Tutto inizia con il fallimento della scuola privata cooperativa in cui insegnava precedentemente, quando alcuni allievi – consapevoli che la fine dell’anno avrebbe significato anche il termine del progetto educativo che avevano intrapreso fino a quel momento – si riuniscono in cerchio insieme al loro maestro, Danilo, per chiedergli di fare in modo di continuare comunque quell’esperienza.
“Dalla forza di questi ragazzi è nata la spinta per la fondazione dell’associazione”, confida, “e grazie anche alla collaborazione dei loro genitori abbiamo ottenuto un’aula nella scuola statale Don Bosco, dove abbiamo potuto portare a termine il progetto di terza media”.
Alla fine di questa importante esperienza c’è stato un anno di pausa, seguito da alterne vicende che lo hanno portato fin dove si trova adesso: il Centro Sociale Polivalente della Longarina, una struttura data in concessione dal comitato di quartiere di Ostia Antica che nel pomeriggio, dopo le lezioni per i bambini, ospita il circolo bocciofilo per anziani.
Danilo spiega come l’idea di questo progetto educativo non derivi dalla mancanza di fiducia nei confronti di maestri e professori che operano oggi nelle scuole tradizionali. Riconosce anzi che la maggior parte degli insegnanti sono figure competenti, amorevoli verso gli alunni e appassionati. Il problema che lui percepisce come limite è il modello burocratico che gira intorno alle scuole, la struttura organizzativa e la gerarchizzazione dei ruoli che creano ostacoli insormontabili nella comunicazione tra alunni, professori, dirigenti scolastici e genitori. “Io immagino una scuola pubblica non statale – spiega Danilo – dove per pubblica intendo aperta a tutti, una scuola per il popolo e del popolo”. Non concepisce la selezione del personale attraverso i concorsi e ritiene che sull’impostazione burocratica dovrebbero prevalere il talento dei singoli e la predisposizione all’incarico, idea che guida anche il metodo educativo verso una “pedagogia dei talenti” che riesca a intercettarli e permetta di comunicarli all’esterno. In linea generale, per tutte le materie i programmi seguiti di anno in anno sono quelli tradizionali, la differenza è che vengono adattati nei modi e nei tempi alle esigenze individuali dei singoli bambini.
Danilo vorrebbe che su questo progetto si convogliassero le risorse necessarie per permetterne uno sviluppo duraturo nel tempo. Attualmente mancano infatti i finanziamenti e, oltre all’appoggio offerto fin dall’inizio da Arcipelago SCEC, il reperimento dei soldi dipende solo dalle possibilità dei genitori. Non viene chiesta una retta perché non si conformerebbe agli ideali dell’associazione, quindi ogni famiglia contribuisce a seconda delle proprie disponibilità.
Nonostante le difficoltà oggettive, ad oggi la scuola di MANES conta nove bambini (due di seconda elementare, due di terza, quattro di quinta e uno di terza media): un bel successo considerando che all’inizio di questa avventura gli alunni erano soltanto tre. Le adesioni alla scuola sono cresciute grazie ad Internet, ma soprattutto al passaparola sui buoni risultati formativi ottenuti fino ad oggi con i bambini iscritti.
A conclusione dell’intervista anche la mattinata scolastica giunge al termine e nel pomeriggio la struttura accoglierà gli anziani del quartiere. “Mi piace pensare come in questo stesso posto ci siano i due estremi, i piccoli e i grandi – riflette Danilo – è come se si alternassero qui l’alba e il tramonto della vita”.
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