21 Nov 2013

ActionAid, responsabilità e cooperazione per cambiare l’Italia -Io Faccio Così #4

Scritto da: Francesco Bevilacqua

Marco De Ponte, primo segretario generale di ActionAid Italia, ci parla di questa organizzazione ramificata e diffusa in più di cinquanta paesi in giro per il mondo e ci presenta la strategia “Italia Sveglia!” messa in atto per innescare il cambiamento nel nostro paese. La parola chiave è “responsabilità”.

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Milano, Lombardia - Nella quarta storia della settimana, Marco De Ponte ci parla dell’organizzazione di cooperazione internazionale ActionAid, nella quale opera da più di dieci anni. Una decade caratterizzata da un progressivo cambiamento che ha investito l’associazione, le persone che vi lavorano e le strategie impiegate. Dalla logica della carità a quella dell’intervento concreto sulle comunità locali, dall’assistenzialismo alla consapevolezza. E oggi, attraverso la campagna “Italia sveglia!”, ActionAid vuole cambiare la mentalità stessa di noi italiani, il modo il cui ci approcciamo non solo ai problemi del mondo, ma anche, forse soprattutto, a quelli di casa nostra.

«Da quando sono entrato in ActionAid, nel 2001, posso dire di aver cambiato lavoro dieci volte!». Non esiste espressione migliore di quella che utilizza Marco De Ponte per rendere l’idea di come e quanto siano cambiati ActionAid e il mondo della cooperazione negli ultimi tempi. Tutto nasce dalla progressiva presa di coscienza che un certo tipo di attività, quella che storicamente è sempre stato il più in voga in Italia, aveva scarsa efficacia e doveva fare i conti con numerose controindicazioni. Si tratta dell’assistenzialismo, dell’aiuto caritatevole tipico di quel mondo cattolico che, insieme allo Stato, è il più grosso serbatoio di iniziative per il sociale. Un approccio che dimostra generosità e buon cuore, senza però puntare alla radice dei problemi che tenta di risolvere.

«Come ActionAid – spiega Marco – in questo decennio abbiamo lavorato molto dal punto di vista culturale, cercando di diventare un’organizzazione che va a fondo delle cose e trasforma la società partendo da un’analisi delle relazioni di potere e cercando di rinegoziare l’accesso e la disponibilità del potere stesso, rifuggendo la logica della carità». Questo cambiamento di mentalità ha avuto importanti ricadute anche dal punto di vista operativo. È stata superata la vecchia e semplicistica divisione in due ambiti: il centro, situato nei paesi occidentali, che si occupava di reperire le risorse, e i distaccamenti, disseminati nei paesi destinatari, che studiavano come impiegarle.

Così funzionavano – e funzionano ancora oggi – molte organizzazioni di cooperazione internazionale. ActionAid ha modificato radicalmente la sua struttura: «Abbiamo fatto delle scelte, anche organizzative. Abbiamo assunto persone che potessero darci capacità di analisi da trasformare poi in proposte attraverso gruppi di pressione all’interno delle istituzioni internazionali. Abbiamo istituito un settore che affianca quello che si interessa di policy e analisi occupandosi di mobilitazione. Abbiamo costruito gruppi locali di attivisti sul territorio. Non abbiamo più comparti stagni che lavorano uno sull’advocacy e l’altro sulla progettualità. Adesso anche in Italia facciamo programmazione a livello locale e, al tempo stesso, in paesi come Thailandia, India e Brasile ci rivolgiamo alla nascente classe media per raccogliere fondi».

Action-Aid

Già, perché ActionAid è ramificata e diffusa in più di cinquanta paesi in giro per il mondo e fra le varie sezioni quella italiana ha una storia particolare. «Coerentemente con l’approccio che ho descritto, non abbiamo più una struttura imperniata su una sede centrale – ActionAid Regno Unito – che invia input, denaro e istruzioni alle periferie, ma una rete formata da tanti nodi. Oggi, per fare un esempio, ActionAid India è più grande, lancia più progetti e muove più risorse di ActionAid UK». E poi c’è l’Italia…

«Io sono stato il primo segretario generale della storia dell’organizzazione – ricorda Marco –, perché fino a dieci anni fa ActionAid Italia era solo un decentramento della sede inglese. A quel tempo, in un’ottica di decentramento, abbiamo deciso di creare una struttura e una leadership totalmente locali. Il nostro è stato un caso particolare, perché la sezione italiana ha compiuto un percorso di crescita straordinario nell’ultimo decennio, smentendo i luoghi comuni che spesso vengono associati al nostro paese e ai nostri connazionali». Prendiamo spunto da quest’ultima affermazione per concentrarci di più sull’Italia e sui problemi che la nostra società  il nostro sistema economico stanno attraversando. Marco non usa giri di parole: «In Italia c’è assolutamente bisogno di fare educazione civica, quindi fra i nostri obiettivi di trasformazione figura anche quello di cambiare l’ordine delle priorità nella presa di coscienza di certi problemi da parte degli italiani. Bisogna ridefinire l’ambiente culturale».

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Proprio questo è l’obiettivo di “Italia Sveglia!”, la strategia che ActionAid Italia ha messo in atto per innescare il cambiamento nel nostro paese. La parola chiave è “responsabilità”: «Il cambiamento è responsabilità nostra. Finché non capiamo a cosa servono le risorse pubbliche e non ci rendiamo conto che tocca a ciascuno di noi il compito di impiegarle consapevolmente, preverrà sempre l’idea che le tasse sono da rifuggire e non si discuterà mai di finanza pubblica e nemmeno di dove le nostre risorse vanno investite». Già, perché il sistema che ci ritroviamo, i suoi problemi, i suoi malfunzionamenti, sono frutto della delega, del classico “ci penserà qualcun altro” tristemente caratteristico del nostro modo di fare.

Per cambiare le cose dobbiamo cambiare prima di tutto la nostra cultura. «Ci battiamo per “il diritto di cambiare”, che per noi è diventato anche uno slogan. È una sfida impegnativa, perché per fare una comunicazione che non sia direttamente finalizzata alla raccolta fondi ma che sia “di brand”, bisogna avere il coraggio di investire su qualcosa che non porta risultati immediati e, a maggior ragione nella condizione economica in cui ci troviamo, questa non è una decisione facile e comporta delle rinunce. Ma tutto rientra nella volontà di fare delle scelte di lungo e non di breve periodo. Dietro questo slogan quindi c’è molto più di quanto non si possa condensare in due parole; c’è la storia del lavoro che abbiamo portato avanti per anni. Ormai abbiamo abbandonato la logica della carità: insegniamo a conoscere e quindi a reclamare il diritto di produrre un cambiamento nella vita di ciascuno, nella tua comunità in cui viviamo. Questo è un messaggio moderno, che vale per l’Italia così come per i paesi più poveri».

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Fra le tante, una delle iniziative previste nell’ambito di “Italia Sveglia!” è la distribuzione nelle scuole secondarie di un manuale che spiega come funzionano le amministrazioni pubbliche. Un’idea semplice ma inedita, che si accompagna a molte altre, dal budget tracking dei fondi raccolti a favore delle vittime del terremoto dell’Emilia, al progetto Open Municipio, per informarsi sulle attività della propria amministrazione e monitorarle. Strumenti a disposizione del cittadino, ma siamo proprio noi che dobbiamo fare il primo passo, prenderli in mano e usarli, assumerci le nostre responsabilità.

«Credo che avere la possibilità di cambiare sia fondamentale – prosegue Marco – e questo vale per gli individui così come per le società. È una questione di capacità e possibilità di fare delle scelte. Il cambiamento è l’opportunità di scegliere. A livello di comunità, è la possibilità di togliere quelle incrostazioni che impediscono qualsiasi tipo di evoluzione. Proprio a questo è finalizzato il lavoro di ActionAid: ogni evoluzione presuppone uno spostamento di potere, quindi produrre un cambiamento vuol dire creare le condizioni per riequilibrare il potere fra gruppi, paesi, individui. Penso poi che il cambiamento abbia anche degli aspetti molto più intimi: per ciascuno di noi vuol dire coraggio. Quando uno fa delle scelte, se le può fare, prende il coraggio in mano e si butta. Nel bene e nel male. Bisogna essere capaci di mutare, di non essere mai uguali al giorno prima».

Cambiare le persone e le comunità attraverso il coraggio di assumersi le proprie responsabilità. Ciascuno di noi deve farlo, per non disperdere un capitale preziosissimo che rischia di rimanere inespresso. «Non credo che manchino energie, progettualità e voglia di fare. Piuttosto, ci sono tante forze che non fanno sistema. Il nostro obiettivo deve essere quello di creare un ambiente abilitante in cui dare spazio a tutte queste forze. E questo è anche il ruolo della politica. Io penso che l’Italia sia alla vigilia o di un’implosione totale o di una rifioritura». Marco conclude citando proprio il caso di ActionAid per dimostrare che le potenzialità ci sono tutte e vanno solo sfruttate: «Sono molto orgoglioso del fatto che la sezione italiana, negli anni più difficili per il nostro paese, sia stato il membro della federazione di ActionAid che è cresciuto di più dal punto di vista economico e organizzativo. Abbiamo provato che l’Italia non è quella delle barzellette, ma è un serbatoio infinito di energie, risorse, cultura e professionalità. E ci sono tanti esempi così anche in altri campi. Io sono ottimista e penso che l’ottimismo e la felicità siano una scelta. Chi è ottimista si sbatte, chi è pessimista prende quello che viene e se lo gode sul momento. Per questo, chi lavora nel sociale non può che essere ottimista».

Per saperne di più:

Il sito di Actionaid Italia: www.actionaid.it
Il sito di Actionaid International: http://www.actionaid.org/

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