Seguici su:
Dopo sette mesi e sette giorni, lo scorso 16 aprile è terminato il mio viaggio nell’Italia che Cambia. Alcune tappe sono state raccontate in questo blog, altre sono state presentate sul sito del viaggio. Molte, moltissime saranno racchiuse in un libro che sta per uscire per Chiarelettere. Ma al di là delle singole esperienze incontrate, il tema ricorrente di questo viaggio è stato il cambiamento: quello effettuato da alcune persone e quello che spaventa molte altre.
Di fronte ad una scelta nuova, ad un taglio con il passato, ad una rottura di schemi predefiniti, infatti, il nostro organismo innalza barriere, la nostra mente elabora scuse, il nostro cuore costruisce recinti. “Sarebbe bello, ma è impossibile” – ci affanniamo a spiegare. “Sì, facile farlo per quello là, con tutti i suoi soldi, ma io non posso!” – ci confortiamo. “E poi la mia famiglia non capirebbe, devo mantenere tre figli, la vita costa, mia mamma è anziana, ho il mutuo da pagare, sono troppo avanti con gli anni, il sistema non lo permette, i politici fanno schifo, c’è la crisi”.
Siamo molto accalorati quando elenchiamo tutte queste motivazioni. Qualche volta diventiamo persino aggressivi. Sì, perché se ci fermassimo a pensare, se provassimo ad ascoltare l’altro, se magari aprissimo davvero gli occhi e ci accorgessimo che “quello là” stava in una situazione più difficile della nostra eppure ce l’ha fatta, ed è persino disposto a raccontarci come… beh, in quel caso saremmo obbligati a confrontarci con i nostri spettri, con l’unico vero impedimento alla realizzazione dei nostri desideri: noi, io, tu.
Sono io, sei tu, che alla fine dei giochi, non vogliamo cambiare. Certo non ci piace il nostro lavoro, il luogo in cui viviamo, le persone che frequentiamo, il tenore di vita, i valori che dettano la nostra quotidianità. Vorremmo più tempo libero, vorremmo viaggiare, andare a vivere in campagna e “un giorno lo faremo”, assicuriamo a chi ci conosce. Ma non è così. Non esiste un tempo futuro per il verbo cambiare e non esiste nemmeno un tempo passato. Esiste solo una prima persona, singolare e plurale. Se io cambio, noi cambiamo. Qui e ora.
Il cambiamento è immediato e avviene nel momento stesso in cui facciamo una scelta. Poi ci possono volere mesi o persino anni per realizzarlo nella pratica. Ma l’istante in cui lo abbiamo scelto davvero, in cui abbiamo mosso il primo passo in un sentiero che non prevede ritorno, quello non è rinviabile, non è prevedibile o programmabile.
[…]
Continua a leggere sul FattoQuotidiano.it
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento