L'articolo sul Fatto e qualche riflessione sulla Sicilia a due giorni dalla fine del viaggio
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E’ domenica notte. Mi trovo a Paternò, ospite dei ragazzi di Saja. Sono agli sgoccioli. Martedì, dopo sette mesi e sette giorni, terminerà il viaggio nell’Italia che cambia. O quanto meno il primo viaggio! Perché la voglia di ripartire è già tanta. La stanchezza, però, è totale. Ancora due giorni e poi mi ritirerò a scrivere nella terra di mia madre, qui in Sicilia. Sì, perché nulla accade a caso e in qualche modo il mio viaggio è iniziato nella terra di mio padre e finisce in quella di mia madre. E ancora, è iniziata nella casa che amo, tra i monti liguri-piemontesi e finisce nella terra della mia compagna, il catanese. E ancora: il camper è targato Catania, l’ho acquistato qui (usato) un paio di anni fa e torna ora nel suo paese natio. Tante emozioni si accavallano, mentre la stanchezza accumulata rende i riflessi più lenti e l’attenzione più ondivaga. La Sicilia, comunque, si è confermata terra in fermento, ricca di esperienze esplose ed esplodenti. In cinque anni molte cose sono cambiate e tante altre stanno cambiando. Ci sarà tempo per approfondire le mille realtà. Intanto vi segnalo il pezzo uscito qualche giorno fa sul Fatto Quotidiano, relativo a Calabria e Sicilia. Buona notte!
10 aprile 2013
Tra una settimana il viaggio nell’Italia che cambia sarà terminato. Per ora siamo ancora a pieno regime ed ecco quindi qualche pensiero tratto da appunti degli scorsi giorni/settimane.
Sabato 6 aprile – Sul traghetto tra la Calabria e la Sicilia scrivevo: “Sto per mettere piede in Sicilia. Ultima tappa del mio viaggio. Il tempo pare fermarsi “
Poche ore prima ho speso 54 euro per far traghettare il camper e due persone. 54 euro! Forse, invece che progettare ponti sullo stretto, potrebbero investire qualche risorsa per abbassare queste tariffe. Traghettare una macchina costa 38 euro. A me pare una cifra enorme.
In questi tre giorni siamo stati soprattutto nella zona di Palermo. Quanta bellezza e quanto dolore. Territori feriti e genti ferite qui come in Calabria e in Campania. Feriti dalle mafie, ma ancor prima da una politica complice e da una decadenza non casuale, unite ad una povertà economica e culturale davvero inaccettabile in un paese come il nostro. Fenomeni sconvolgenti per la loro drammaticità che toccano da vicino la vita di decine di migliaia di persone, nel silenzio più generale dei mass media e nell‘indifferenza di milioni di italiani. In questi territori, come ho già detto altre volte, brilla la luce di chi lavora per costruire civiltà, cuore, amicizia, comprensione, dignità. Non sono eroi, non vogliono essere considerati tali. Sono cittadini che fanno il loro dovere. Ora tocca a noi fare il nostro.
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