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Il viaggio nell’Italia che cambia è giunto in Emilia. Il “bolognese” è invaso di iniziative. Incontri, storie, persone, emozioni. Ieri ho trascorso la giornata a Monteveglio ed ho avuto l’occasione di parlare con diversi rappresentanti del Movimento Italiano di Transizione e la sera c’era l’incontro con tutti i gruppi del territorio bolognese, una quarantina di persone motivatissime e con diversi punti di vista e azione.
Una delle cose più interessanti del Movimento di Transizione, a mio parere, è la sua estrema elasticità. In base a chi ci lavora, alla sua sensibilità, passioni e competenze, emergono approcci diversi e si ottengono risultati diversi. A Monteveglio, per esempio, c’è chi lavora per contaminare le istituzioni, chi costruisce progetti legati all’agricoltura ed all’alimentazione e chi si concentra sulla crescita interiore degli individui. Lavori apparentemente slegati tra di loro, ma che in realtà sono assolutamente fondamentali e complementari. Le collaborazioni con il mondo della permacultura, di Arcipelago Scec e di Aspo Italia, inoltre, fanno da contorno e spesso da contenuto alle varie iniziative di Transizione, così come l’attenzione sui temi della decrescita, dell’autoproduzione, del “saper fare”, dello scambio, del dono. Ma, soprattutto, la transizione mette al centro la comunità e le relazioni; relazioni che permettono di elevare all’ennesima potenza l’agire individuale e comunità che possono avere senso e costruire senso solo quando sono composte da individui consapevoli che hanno lavorato, in primis, su se stessi.
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