22 Apr 2024

A Gaza è l’intelligenza artificiale a scegliere chi sarà ucciso – #918

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Un’inchiesta del Guardian ha messo in luce come l’esercito israeliano stia usando un sistema basato sull’intelligenza artificiale per rendere molto più efficiente l’individuazione e l’uccisione di obiettivi strategici a Gaza, con un margine di tolleranza molto ampio verso l’uccisione di civili e la cosa solleva una serie di questioni etiche non indifferenti. Parliamo anche del caso Ilaria Salis, che verrà candidata alle europee, della Decrescita che sbarca in parlamento, delle elezioni in India che sono iniziate nel weekend ma dureranno 44 giorni e infine dell’Earth day.

Avrete probabilmente sentito della risposta israeliana all’attacco iraniano. Che è stata speculare all’attacco iraniano. Nel senso che ha seguito la stessa dinamica: grandi dichiarazioni di guerra, seguite da un attacco militare piuttosto debole, volutamente debole, che viene facilmente neutralizzato, e poi grandi annunci che seguono e dichiarazioni dei leader che dicono “giustizia è fatta”.

Una dinamica che, se non altro, mostra come né il governo iraniano né quello israeliano volesse in questo momento estendere il conflitto, ma appunto, “solo” mandare messaggi. Vabbé, bastava un sms, invece di metter su questo teatrino che sembra un po’ ridicolo e grottesco. Ma vabbè.

Comunque. In realtà c’è un altro aspetto che mi interessa approfondire legatpo alla situazione in Israele e a Gaza. Perché il Guardian ha pubblicato un’inchiesta a firma di Bethan McKernan e Harry Davies in cui racconta l’uso di un avanzato sistema di intelligenza artificiale chiamato Lavender, che l’esercito israeliano utilizza per pianificare attacchi a Gaza, e che avrebbe identificando fino a 37.000 possibili bersagli associati a Hamas. 

In pratica, secondo quanto riportato da alcune fonti di intelligence coinvolte nelle operazioni militari a Gaza, l’identificazione dei bersagli, ovvero delle persone da uccidere, sarebbe stato affidato quasi interamente a questo sistema, mentre il ruolo umano sarebbe ridotto a una mera formalità di approvazione.

L’articolo sottolinea come l’impiego di Lavender abbia trasformato radicalmente la natura della guerra condotta da Israele. Come ha dichiarato una delle fonti d’intelligence intervistate, “Che io ricordi, è una cosa senza precedenti”, aggiungendo di avere più fiducia in un “meccanismo informatico” che in un soldato in lutto. “Tutti, me compreso, hanno perso qualcuno il 7 ottobre. La macchina agisce freddamente. E ha reso tutto più facile”.

In pratica, al sistema sono state fornite alcune informazioni, anzi indicazioni. Tipo: il permesso di uccidere fino a 15-20 civili per ogni miliziano di Hamas di basso rango colpito. In base a questo comando, il sistema ha incentivato l’uso di munizioni non guidate, note come “dumb bombs”, che hanno provocato la distruzione totale di edifici e la morte di tutti gli occupanti, indipendentemente dalla loro partecipazione attiva al conflitto. 

Il sistema avrebbe anche reso molto più rapida e efficiente l’individuazione e quindi l’uccisione dei bersagli. Se agli esseri umani sarebbero servite ore per individuare i soggetti da colpire, questo sistema di Ia suggeriva un nuovo bersaglio ogni 20 secondi circa, e gli operatori umani avevano solo un compito quasi ininfluente di avallo della decisione, ma che come emerge dall’articolo veniva fatto in maniera quasi automatica. 

Ovviamente questa roba è una roba grossa. Grossa grossa. Il pezzo del Guardian mette giustamente in luce le gravi implicazioni morali e legali dell’uso di un tale sistema. Esperti di diritto internazionale umanitario intervistati esprimono una profonda preoccupazione per il rapporto tra il numero di civili uccisi e i vantaggi militari ottenuti, e anche per la decisione di affidare queste scelta a delle macchine. Non solo per la qualità della scelta, ma per il concetto stesso di rendere più efficiente e rapido il processo di uccisione di esseri umani. 

Ci sono tante domande che sorgono su quali siano i limiti etici e legali nell’uso di sistemi automatizzati in operazioni militari. È uno scenario alla Black Mirror che però è già qui. In pratica possiamo affidare guerre o stermini direttamente nelle mani dell’intelligenza artificiale, estromettendo del tutto la componente umana. Ieri parlavamo della invisibilizzazione della violenza nel caso degli allevamenti intensivi. Oggi siamo in grado di fare lo stesso con le guerre. Qualcuno prende decisioni a monte, scegliendo un rapporto secondo lui giusto fra, ad esempio, miliziani e civili uccisi, e poi a fare la guerra ci pensa un algoritmo. Che non può ribellarsi, non può fare scelte dettate dall’empatia, perché non p progettato per quello.

Fra l’altro tutto ciò mi fa venire in mente una dichiarazione abbastanza inquietante di circa un anno fa fatta da Alex Karp, Ceo di Palantir Technologies, che è una multinazionale che produce sistemi Ai based per grandi aziende, governi, eserciti, ecc. E ha detto “Noi offriamo strumenti così potenti ai nostri clienti, che in realtà non sono sicuro che dovremmo venderglieli”. Ovviamente non ha detto cosa né a chi, anche perché molti dei contratti e dei servizi oferti sono coperti da segreto industriale. Ma c’è anche questo tema nell’Ai. Noi pensiamo alle applicazioni per tutti come ChatGpt, Dall-e e così via, che fanno i disegni o scrivono i testi, ma non abbiamo idea dei sistemi sviluppati per i governi e per gli eserciti, per le multinazionali. Non ne abbiamo idea. E forse è una fortuna che non ce l’abbiamo. 

Si sta parlando nuovamente – molto – di Ilaria Salis in questi giorni, per via di una sua presunta candidatura alle elezioni europee con Alleanza verdi-sinistra. Candidatura che in realtà sarebbe più che altro un escamotage per liberarla dalla prigionia “politica” in Ungheria.

Comunque, visto che mi sa che non ne abbiamo mai parlato qui su INMR, come al solito facciamo qualche passetto indietro e cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando.

Come racconta il Messaggero, “Ilaria Salis è una maestra di Monza, ha 39 anni e dal febbraio 2023 è rinchiusa in carcere in Ungheria”. L’accusa è quella di aver aggredito due uomini, causando lesioni lievi (la sentenza recita “lesioni giudicate guaribili in 5 e 8 giorni”, quindi, parliamo di escoriazioni), peraltro i due uomini non hanno sporto denuncia.

Il modo, anzi diciamo il motivo per cui però avrebbe provocato queste lesioni è un motivo politico ed è il motivo per cui, si presume, sia in carcere. È il 10 febbraio 2023 ed è la vigilia di una celebrazione abbastanza sentita da alcune persone in Ungheria (e non solo) che si chiama Giorno dell’onore. Se non ne avete mai sentito parlare, meglio così. Si tratta infatti di una ricorrenza in cui i seguaci del nazismo di tutt’Europa celebrano il tentativo dell’esercito tedesco, che comprendeva anche reparti di soldati ungheresi, di forzare l’assedio di Budapest nel febbraio del 1945. Tentativo fallito perché le truppe sovietiche non lasciarono varchi. 

Ecco, dalla fine degli anni Novanta a Budapest viene celebrata questa ricorrenze che ha finito per raccogliere filonazisti anche dal resto d’Europa e che negli ultimi anni, da quando Orban è alla guida del paese, è non dico patrocinata dal governo, ma ecco, nemmeno troppo ostacolata. E proprio per questo sempre più spesso è diventata teatro di scontro con movimenti antifascisti. 

Ilaria Salis si trova a Budapest proprio per questo motivo. È una convinta antifascista, attivista delle lotte per i diritti sociali, a volte definita anarchica. E si trova, secondo l’accusa, coinvolta in un tafferuglio in cui, come dire, picchia due uomini. Lei si è sempre dichiarata non colpevole, quindi consideriamo che questa è la ricostruzione dei giudici.

Comunque, ammettendo anche che le cose siano andate così, e al di là di quello che si può pensare dell’utilizzo della violenza come strumento di dissenso sociale (personalmente non la condivido, né penso che sia in alcun modo utile andare a un corteo di neonazisti a menarsi), l’aspetto importante, e grave, il motivo per cui da oltre un anno si sta parlando di questa vicenda è un altro. Ovvero la pena che le è stata affibbiata, che non è in alcun modo commisurata ai fatti: Ilaria Salis rischia infatti fino a 24 anni di carcere dopo avere rifiutato un accordo su 11 anni. 

Peraltro durante l’udienza la donna è stata portata in aula ammanettata, con ai piedi una catena e tirata da una sorvegliante. Un trattamento proibito in tuta Europa tranne che in Ungheria. E lo stesso trattamento, nonostante le proteste dell’ambasciata italiana, le è stato riservato il 28 marzo durante l’udienza al termine della quale le sono stati negati gli arresti domiciliari in Ungheria. Nel frattempo un cittadino tedesco coimputato di Ilaria Salis è stato condannato a tre anni grazie a un rito immediato favorito dal fatto che l’uomo si è dichiarato colpevole.

Inizialmente Ilaria Salis è stata rinchiusa in un carcere in condizioni spesso descritte dai media nostrani come “indegne” e “inumane”. Poi grazie alle pressioni dei media e dell’ambasciata è stata trasferita in strutture giudicate più idonee.

Attualmente il processo è stato rinviato al 24 maggio, e la difesa lamenta alcune irregolarità. Ad esempio il fatto che sia stata portata al processo ammanettata e con le catene ai piedi violerebbe il diritto europeo, inoltre ai difensori non è stata messa a disposizione la ripresa video della presunta aggressione, e mancava persino la traduzione in italiano dei capi d’imputazione. 

In tutto ciò, la questione in Italia è diventata ben presto anche politica (come praticamente tutto, peraltro) perché l’attuale governo è stato accusato più volte di non aver fatto tutto il possibile per riportare in Italia la donna, e c’è chi sospetta che ci siano motivi proprio politici dietro, o perlomeno antipatie politiche. Sembrerebbe infatti che Salis avesse assalito nel 2017 il gazebo della Lega a Monza, e Salvini non nasconde tuttora l’antipatia per la donna. Qualche mese fa, quando gli è stato chiesto un parere sulla vicenda ha detto “è assurdo che una persona così faccia la maestra”. Che per carità, uno lo può anche pensare, ma diciamo che vista la situazione non è la risposta prioritaria da dare essendo tu un esponente del governo.

Comunque, ecco, questa è la vicenda spiegata. L’ultima novità, che vi accennavo in apertura è che Ilaria Salis sarà, a quanto pare, una candidata alle prossime elezioni europee per Avs. La notizia circolava già da un po’. Ne aveva parlato inizialmente il Foglio, poi smentito da Angelo Bonelli, leader dei verdi, e infine riconfermato dallo stesso Bonelli, che ha detto di essere d’accordo con il padre.

Il motivo della candidatura però non sarebbe dovuto alle idee politiche di Salis ma proprio alla questione pratica della sua incarcerazione. Insomma, sarebbe un trucchetto per farla uscire dal carcere, grazie all’immunità parlamentare. 

Anche se non è chiaro cosa potrebbe succedere. Lo stesso legale di Salis parla di «conseguenze incerte». «In Ungheria – dice – l’immunità parlamentare scatta già dal momento della candidatura». Ma qui quale legge vale? In caso di elezione, poi, per la quale però è necessario il superamento dello sbarramento del 4% della lista Avs, la questione finirebbe, probabilmente, sul tavolo della presidenza del prossimo Parlamento europeo. 

La vicenda sta comunque sollevando perplessità e un certo dibattito. Che in questo caso, devo dire, è sensato. Il punto è: trasformare ulteriormente la questione in politica aiuta? O potrebbe essere un’arma a doppio taglio per la stessa Salis, e anche uno strumento in mano al governo Ungherese per far diventare questo caso un caso esemplare?

E ancora, è giusto piegare lo strumento dell’immunità parlamentare a una vicenda come questa? Vabbè, su questo ci possiamo anche dire che negli anni quello strumento è stato piegato per coprire qualsiasi nefandezza, reati finanziari e mafiosi, quindi non è che sia proprio intonso. Però c’è comunque una questione etica di fondo. Non sarebbe più corretto che il governo pretendesse con più forza il rilascio o perlomeno la possibilità di domiciliari in Italia per Salis? Certo è che se ciò non succede, nel frattempo la donna resta in carcere in Ungheria, dove rischia una pena assurda.

Insomma, la situazione è complessa, e ogni soluzione ha i suoi pro e i suoi contro. Noi nel dubbio, continueremo a seguirne le evoluzioni.

Venerdì e sabato c’è stato un evento molto importante, dentro e fuori dal nostro parlamento. Sto parlando di una conferenza chiamata Beyond Growth Italia. Se vi ricordate, circa un anno fa c’è stato questo importantissimo evento al Parlamento europeo, organizzato da varie organizzazioni europee e ispirato ai principi della decrescita, ovvero quella corrente di pensiero, sempre più diffusa anche in ambito accademico, che sia necessario rivedere profondamente il nostro modello economico basato sulla crescita infinita, perché questo non sarebbe compatibile con i limiti biofisici del pianeta. 

Dopo quella conferenza molto importante, che era stata aperta pensate un po’, nientemeno che dalla Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, sono state organizzate in vari parlamenti nazionali degli stati membri delle conferenze appunto nazionali, con lo scopo di iniziare a calare i principi della decrescita nelle varie politiche locali.

Ora, devo dire che a livello italiano mi sembra che la politica nazionale sia ancora abbastanza lontana da quei principi, ma abbiamo anche visto come le cose possano cambiare velocemente. La conferenza Beyond Growth Italia  si è tenuta venerdì e sabato a Roma, un giorno alla Camera dei deputati e l’altro alla Cae. E ho chiesto a uno dei relatori nonché organizzatori, Michel Cardito di Mdf, di raccontarci cosa è emerso da queste giornate.

Audio disponibile nel video / podcast

Venerdì sono iniziate le elezioni per rinnovare la Camera bassa del parlamento indiano. Ma i risultati si avranno fra un mese e mezzo. Questo non perché lo spoglio dei voti sia particolarmente lento ma perché è proprio il sistema elettorale ad essere un processo lungo e complesso, che dura 44 giorni ed è suddiviso in 7 fasi. 

Come racconta un articolo del Post, andranno al voto quasi un miliardo di elettori per rinnovare i 543 membri della Lok Sabha, la camera bassa del parlamento, o Camera del popolo, che è è il ramo più importante del parlamento, perché è quello che poi darà la fiducia al nuovo governo. Mentre il Consiglio degli Stati (l’altro ramo) di fatto regola i rapporti fra governo federale e singoli stati. 

Questo processo elettorale è uno dei più lunghi e complessi al mondo, ed è reso necessario a causa delle vaste dimensioni del paese e della sua popolazione, oltre che per motivi di sicurezza e logistiche legate all’uso esclusivo di macchine per il voto elettronico. L’India è infatti una repubblica parlamentare in un sistema federale. E ogni stato ha delle sue diverse festività religiose e abitudini culturali, oltre che un meteo diverso e quindi il voto viene fatto scaglionato nei diversi stati tenendo conto di tutte queste necessità, e anche cercando di fare in modo di rendere possibile votare anche nelle zone più remote e rurali.

Pensate che le regole elettorali indiane prevedono che il seggio non possa essere distante più di due chilometri dalla residenza degli elettori. Di ciascun elettore. E in India ci sono le aree montuose himalayane, le aree desertiche del Rajasthan, altre occupate da giungle e foreste, ad esempio nel Gujarat. Raggiungere ogni singolo elettore, a meno di due chilometri di distanza, può essere un’operazione molto complessa, ma di cui lo stato indiano si è spesso fatto vanto, raccontando i viaggi dei dipendenti degli uffici elettorali a bordo di treni, bus, elicotteri, barche, ma anche biciclette, muli, cammelli, yak o elefanti, per raggiungere gli elettori. E questo è anche il segreto delle affluenze spesso molto alte delle elezioni indiane.

Altro dato che mi ha impressionato, e che da un’idea delle dimensioni, per permettere questa operazione verranno mobilitati circa 300mila militari. 

Venendo più all’aspetto politico delle elezioni, i 543 membri del Lok Sabha vengono eletti in altrettanti distretti, con un sistema maggioritario. E tutti i sondaggi danno largamente in netto vantaggio il partito di governo, il Bharatiya Janata Party (BJP) del primo ministro nazionalista induista Narendra Modi, mentre danno molto indietro la coalizione INDIA che unisce 26 partiti di opposizione. Venerdì si voterà in un centinaio di questi collegi e in una ventina di stati: le operazioni proseguiranno per altre sei fasi, fino all’ultima, quella del 1° giugno. 

Comunque, da quando finiranno le votazioni nella giornata del 4 giugno si stima che saranno sufficienti poche ore per procedere allo spoglio e dichiarare i risultati. Dopodiché entrerà in carica il nuovo governo. E se vincerà, come previsto, Narendra Modi, avrà il suo terzo incarico consecutivo diventando il terzo premier più longevo della storia democratica indiana.

Modi che, come racconta un altro articolo del Post, porta avanti una campagna elettorale in cui è onnipresente ovunque, su tutti i media indiani, in cartelloni pubblicitari, sigli autobus, si regalano maschere di Modi e i suoi comizi somigliano a concerti, c’è un cantante molto conosciuto che ha dedicato oltre 100 canzoni a Modi. Insomma, è letteralmente ovunque.

Oggi, come ogni 22 aprile, è l’Earth Day, o Giornata della Terra, una ricorrenza nata nel 1970 come movimento studentesco negli Stati Uniti, e diventato nel corso degli anni un evento globale che coinvolge milioni di persone in tutto il mondo.

C’è un articolo di GreenMe che passa in rassegna le iniziative più interessanti nel nostro paese. Perché anche questa 54esima edizione dell’Earth Day sarà celebrata con numerosi eventi in tutta la penisola, con l’obiettivo di coinvolgere e sensibilizzare il più ampio pubblico possibile sull’importanza della tutela ambientale.

Si va dal grande evento del Villaggio per la Terra a Roma, alle manifestazioni a Torino e così via. Se volete partecipare a qualcuno di questi eventi vi lascio sotto Fonti e articoli l’articolo di GreenMe con tutti i riferimenti.

Il gioco d’azzardo è una piaga sociale nel nostro paese. Ma da cosa deriva questa grande diffusione? E cosa possiamo fare per contrastarla? Scopritelo nella nuova puntata di INMR+

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